1. Andrea Lazzari (Udinese – Siroki Brijeg 4-0)
2. Cristiano Ronaldo (Real Madrid – Chelsea 3-1)
3. Ever Banega (Valencia – Inter 4-0)
4. Nigel De Jong (Valencia – Milan 1-2)
5. David Villa (Las Palmas – Atletico Madrid 0-2)
PROMOSSI
JUVENTUS: È come se la carica agonistica di Conte avesse spazzato via una retrocessione in B, le mille delusioni, due settimi posti, tutte le scorie di Calciopoli. La Juve è tornata la corazzata dell’era Lippi e poi Capello. Campionato stradominato, disputato senza avversari. Da far paura(aaa).
UDINESE: Se vieni buttato fuori alle soglie del Paradiso per colpa di un “cucchiaio”, fai fatica a rialzarti. E la Sampdoria ne sa qualcosa. Invece l’Udinese, messe da parte le difficoltà iniziali, sarà ancora in Europa l’anno prossimo. Con un finale di stagione da otto (diconsi otto) vittorie di fila.
CATANIA: Quando ci accorgeremo degli “Special One” di casa nostra, sarà sempre troppo tardi. Forse Rolando Maran non avrà l’appeal di un Guardiola o la dialettica di un Mourinho, ma guardate dove ha portato il Catania. E senza episodi a sfavore, sull’Etna festeggerebbero altri traguardi.
BOCCIATI
INTER: A Stramaccioni, dopo le 16 sconfitte stagionali, gli è salita la febbre. E come non compatirlo, dopo una delle annate più disastrose della storia nerazzurra. Al netto di infortuni e congiunture astrali sfavorevoli, la gestione di Strama è stata pazzia. E l’inno non c’entra granché.
PALERMO: Sannino, Gasperini, Malesani, Gasperini, Sannino. Nella Roma del 69 d. C., l’anno dei quattro imperatori, c’era meno confusione. Zamparini fa e disfa come Penelope, atteggiamento sconsigliabile se hai a che fare con una squadra di calcio. Una retrocessione già scritta.
ROMA: C’è stato di peggio dei giallorossi, d’accordo, ma se stecchi il progetto per il secondo anno di fila qualche domanda devi iniziare a fartela. L’effetto Zeman è durato poco, fin troppo: tra partite perse in rimonta e imbarcate clamorose, la Roma ha buttato via un altro anno.
IL MEGLIO
VIDAL: Spetta al “guerriero” ferire la bestia. Cioè la Lazio, la bestia nera: quest’anno, la Juve non aveva mai battuto i biancocelesti e il doppio confronto in Coppa Italia le è costata l’eliminazione. Ma a un metro dai festeggiamenti per lo scudetto, la vendetta è servita: il cileno firma all’Olimpico la doppietta decisiva. Come decisivo è lui nella Juve.
MURIEL: Lo chiamano il Ronaldo di Colombia, un motivo ci sarà. Non per la pancetta come insinua qualche maligno: i colpi del campione Muriel ce li ha davvero. E decide di palesarli in un afoso pomeriggio d’aprile: divora il Parma con tre giocate da urlo, tra cui due gol e una galoppata fulminante a ispirare il 3-0 dell’Udinese. Hai capito il Gordito?
PINILLA: La doppietta rifilata all’Inter consegna la matematica salvezza al suo Cagliari. Poi, dopo i gol, non ha molta voglia di festeggiare, forse per rispetto della sua ex squadra, nella quale ha mosso i primi passi calcistici in Italia (pur senza mai debuttare). O forse per senso di colpa, perché a fine gara confessa: “Mi sono tuffato nell’occasione del rigore”. Di questi tempi, meglio non solleticare i nervi scoperti dei nerazzurri.
IL PEGGIO
INTER: Al peggio non c’è mai fine. Già, ma qual è il peggio? Perdere in casa il derby d’Italia? Naaa. Suicidarsi contro l’Atalanta? Nemmeno. Farsi impallinare da un Cagliari già in costume da bagno? Forse tutto questo. I nerazzurri sono colti dal terrore di scendere in campo, come se fossero vittime sacrificali. Tra sviste arbitrali, assenze, strategie sconclusionate (i difensori ormai fanno gli attaccanti), l’Inter è un trattore nel bel mezzo di un Gran Premio di Formula Uno.
SORRENTINO: Se il Palermo ha una certezza, questa si chiama Sorrentino. Anzi, si chiamava. Perché al minuto 17 di un Palermo-Bologna vitale per i rosanero commette uno scivolone da Paperissima, come un pattinatore goffo sul ghiaccio. Solo che, nel caldo siciliano, a restare di ghiaccio sono solo i tifosi di casa: il cammino della salvezza è sempre più in salita.
GENOA: D’accordo, l’orgoglio è salvo, il derby è finito in parità: ma la settima partita di fila senza vittorie, quando il vicolo della salvezza si fa sempre più stretto, non può essere salutato come un successo in casa rossoblù. Contro la Samp, occorreva un Genoa vibrante, palpitante, assatanato, non nervoso e in preda al disordine tattico com’è stato. Alla fine, un cross sballato ha salvato la faccia: ma basterà?
IL MEGLIO
JUVENTUS: Normalmente una fiorentina te la mangi al ristorante, non allo stadio come questi cannibali della Juve. La sbranano e poi, a mo’ di leone, ruggiscono per mettere in chiaro le cose: i re della giungla, pardon del campionato, siamo noi. Ubi maior…
FLOCCARI: Non avrà lo stesso curriculum di Klose, ma non lo fa rimpiangere. Con quattro gol nelle ultime cinque partite, più la rete della qualificazione alla finale di Coppa Italia, sta portando la Lazio sulle proprie spalle. E col Napoli i gol potevano essere più di uno.
UDINESE: Per due anni l’Udinese è stata omaggiata di complimenti per le due qualificazioni ai preliminari di Champions. Complimenti che andrebbero fatti anche oggi: riconfermarsi a buoni livelli non è poi così facile. E se al Friuli non perdi da settembre…
IL PEGGIO
ROMA: Deposto un imperatore (Zeman), i problemi dell’Impero restano gli stessi. C’è l’imbarazzo della scelta, anzi c’è solo l’imbarazzo: peggio la cintura difensiva, scompaginata a ogni assalto dei nemici, o la cocciutaggine di certi senatori (Osvaldo)?
FIORENTINA: Quarta sconfitta su sei gare nel 2013, la Fiorentina è giunta a un bivio. Diventare grande o tornare nella schiera degli ignavi? Se si propende per la prima, bisogna fare in fretta: specchiarsi come Narciso non può servire a molto.
EL SHAARAWY: Dov’è finito il regno del Faraone? Sembra quasi che l’arrivo di Balotelli, novello Cambise, lo stia sgretolando. Solo un’impressione? A Cagliari, El Shaarawy sembra intristito: poche azioni ficcanti e zero pericoli creati. Stephan, su la cresta!
IL MEGLIO
BALOTELLI: Veni, vidi, vici. E nel frattempo segnai pure una doppietta. Il blitz di Supermario al suo ritorno in Italia assume contorni holliwoodiani, da superstar del rettangolo di gioco. È la sintesi pallonara del “ghe pensi mi”, in omaggio al presidente che lo ha voluto – mele marce e marce indietro a parte – e che ora se lo coccola. Contro l’Udinese è un festival di creste, ma quella che spicca più in alto è la sua.
BALLARDINI: Sembra passata un’eternità dal Genoa molliccio e sgangherato della gestione Delneri, che in 13 gare aveva totalizzato 8 punti. Ballardini, dopo solo due panchine, ne ha già raccolti la metà. Quattro punti non contro avversari qualunque, ma addirittura contro Juve e Lazio. Da sergente di ferro col piglio fiero, è riuscito a ridare potenza di fuoco a un Grifone da troppo tempo in letargo.
SAU: Piccoli Zola crescono. Non di statura fisica (sennò che Zola sarebbe), ma di statura calcistica. L’ex attaccante della Juve Stabia, alla prima stagione nella massima serie, è già una delizia per gli occhi cagliaritani. A Roma va in scena il suo show personale: assist sul gol dell’1-0, marcatura personale per il 3-1 e traversa colpita con un tiro sapientemente cesellato che propizia il 4-1. Più Zola di così.
IL PEGGIO
ZEMAN: Finisce come peggio poteva finire. Con la tua squadra che ne prende quattro in casa, il tuo portiere che ne combina una da torneo parrocchiale, lo sguardo vitreo dei piani alti che dicono basta. Per Zeman la seconda giovinezza in giallorosso termina qui, fra troppi ottovolanti e tanti rimpianti. Il 4-3-3 alla boema, ormai, è roba da esteti, da cultori delle forme, da terra esotica dove i risultati contano a metà.
INTER: Sembra proprio che a metà novembre qualcuno si sia divertito a shakerare la Milano calcistica, con il risultato di invertire le fortune di Milan e Inter. Due mesi fa erano distanziati di 13 punti, oggi sono appaiati al quarto posto. I demeriti dei nerazzurri c’entrano molto e si mettono in bella mostra pure a Siena: difesa svagata, centrocampo in pantofole, attacco balbettante. Come il Milan autunnale.
PALERMO: Ahi serva Palermo, di dolore ostello. La sconfitta interna contro l’Atalanta fa precipitare i siciliani nel gelido sottoscala dell’ultimo posto: il tonfo è fragoroso, almeno quanto le endemiche difficoltà della squadra di Gasperini nell’imporre il proprio gioco. Una situazione disperata, figlia di una rivoluzione in corsa, a inizio stagione, che ha sottratto certezze e autostima al gruppo.
IL MEGLIO
UDINESE: Vi ricordate la Samp di Cassano e Pazzini, dopo la delusione di Champions? Mettetela a confronto con quest’Udinese, martoriata non da una, ma da due eliminazioni beffa alla fase preliminare. Eppure il vecchio Guidolin è ancora lì, è lui a essere seduto sulla sponda del fiume ad aspettare il cadavere: dopo l’Inter, presa a schiaffoni in faccia pure la Fiorentina.
PARMA: Lasciate ogni speranza (di vittoria), voi ch’entrate (al Tardini). Il Parma è l’unica squadra del campionato a non aver mai perso in casa: Brescello o Juventus non fa differenza. Nemmeno il vantaggio di Pirlo è in grado di arginare l’onda anomala degli emiliani, perché, come l’omonimo eroe dalla forza sovrumana, Sansone si ribella e impone il pareggio ai bianconeri.
ABBIATI: Questa volta nessun labiale polemico da parte dell’imbacuccato Galliani. Contro la Samp, in porta non c’è l’Abbiati versione Scooby Doo di Napoli, ma lo Spiderman rossonero catturapalloni. Gli interventi decisivi con cui risponde presente, in almeno quattro occasioni, consente al Milan di raccattare un punto altrimenti insperato.
IL PEGGIO
DESTRO: Destro, ma anche sinistro, tanto la palla non entra. Il velociraptor con mirino incorporato dei tempi di Siena è oggi uno scolaretto al primo giorno di scuola. Per carità, il ragazzo ha voglia di sbloccarsi e si vede: ma più si dà da fare, più incorre in disavventure sotto porta. Zeman parla di “blocco mentale”, contrariamente a quanto fanno le sue palle che girano a velocità supersonica.
NETO: Un campione Neto, direbbe Lino Banfi. La maniera con cui si rannicchia per intervenire sul tiro non irresistibile di Muriel già preannuncia un cataclisma. E quando la palla gli sfugge morbidamente dalle mani, l’effetto comico che ne deriva è superlativo. Ma probabilmente pensava di intercettare la conclusione con la forza del pensiero.
BRIVIO: Fidatevi, quando un calciatore è pericoloso in zona gol, prima o poi la rete la segna. Poi, che sia la porta avversaria o quella amica, ontologicamente che differenza fa? Lui, Brivio, si appassiona a quella della sua Atalanta: prima va a spizzare la traversa, poi con un bel colpo di testa in tuffo realizza un gran gol. Apprezziamone almeno il gesto tecnico.
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