Serie A, promossi e bocciati

23 Maggio 2013

PROMOSSI

JUVENTUS: È come se la carica agonistica di Conte avesse spazzato via una retrocessione in B, le mille delusioni, due settimi posti, tutte le scorie di Calciopoli. La Juve è tornata la corazzata dell’era Lippi e poi Capello. Campionato stradominato, disputato senza avversari. Da far paura(aaa).

UDINESE: Se vieni buttato fuori alle soglie del Paradiso per colpa di un “cucchiaio”, fai fatica a rialzarti. E la Sampdoria ne sa qualcosa. Invece l’Udinese, messe da parte le difficoltà iniziali, sarà ancora in Europa l’anno prossimo. Con un finale di stagione da otto (diconsi otto) vittorie di fila.

CATANIA: Quando ci accorgeremo degli “Special One” di casa nostra, sarà sempre troppo tardi. Forse Rolando Maran non avrà l’appeal di un Guardiola o la dialettica di un Mourinho, ma guardate dove ha portato il Catania. E senza episodi a sfavore, sull’Etna festeggerebbero altri traguardi.

BOCCIATI

INTER: A Stramaccioni, dopo le 16 sconfitte stagionali, gli è salita la febbre. E come non compatirlo, dopo una delle annate più disastrose della storia nerazzurra. Al netto di infortuni e congiunture astrali sfavorevoli, la gestione di Strama è stata pazzia. E l’inno non c’entra granché.

PALERMO: Sannino, Gasperini, Malesani, Gasperini, Sannino. Nella Roma del 69 d. C., l’anno dei quattro imperatori, c’era meno confusione. Zamparini fa e disfa come Penelope, atteggiamento sconsigliabile se hai a che fare con una squadra di calcio. Una retrocessione già scritta.

ROMA: C’è stato di peggio dei giallorossi, d’accordo, ma se stecchi il progetto per il secondo anno di fila qualche domanda devi iniziare a fartela. L’effetto Zeman è durato poco, fin troppo: tra partite perse in rimonta e imbarcate clamorose, la Roma ha buttato via un altro anno.


Il meglio e il peggio: trentatreesima giornata di serie A

22 aprile 2013

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IL MEGLIO

JUVENTUS: La preoccupazione più grande per i bianconeri adesso è: quale marca di champagne scegliere? Il finale di campionato è una formalità, ma la Juve continua a premere sull’acceleratore: battuto anche il Milan, nonostante una prova non brillantissima. A luccicare, ci penserà la coppa da mettere in bacheca.

JONATHAN: O qualcuno ha messo qualche strana sostanza nelle bevande servite a San Siro, oppure è tutto vero. Il nerazzurro che impazza sulla fascia destra è proprio lui, Jonathan. È uno stantuffo, in Coppa Italia segna il suo primo gol e contro il Parma serve l’assist vincente. Se lo vedesse Ovidio, ne parlerebbe nelle Metamorfosi.

CUADRADO: Prima era il Colombia Express, adesso è un Colombia Deluxe. Non è più solo velocità e dribbling: è anche intelligenza tattica e qualità. Vedere per credere il gol rifilato al Torino: pallonetto delizioso che va a morire dove Gillet non può arrivare. Salite sul Colombia Deluxe: destinazione Europa.

IL PEGGIO

DE LAURENTIIS: “Questa vittoria la dedico a Cellino, Astori e Nainggolan”. Festeggia con questo tweet Aurelio De Laurentiis la vittoria del suo Napoli sul Cagliari, rivangando affari di mercato mancati non ancora digeriti. Eppure, c’è qualcosa di più inarrivabile rispetto a Nainggolan e Astori: lo stile.

SCHELOTTO: La sua avventura in nerazzurro, quello nobile, sta diventando un’odissea. Il gol contro il Milan è stato il canto delle sirene: Schelotto l’ha ascoltato e da allora è precipitato negli abissi. Delude ancora contro il Parma: nel primo tempo un errore da cerchiare con la matita blu, a coronamento di una prestazione inquietante.

SIENA: In campo contro il Chievo, sa già del mezzo passo falso del Genoa e delle difficoltà del Palermo nel derby. Una vittoria significherebbe l’ipoteca sulla salvezza, invece ne esce un pasticcio. La sconfitta tiene in ansia i bianconeri, che in casa non segnano da febbraio: questo sì che vuol dire complicarsi la vita.

 


Il meglio e il peggio: trentaduesima giornata di serie A

15 aprile 2013

Vidal

IL MEGLIO

VIDAL: Spetta al “guerriero” ferire la bestia. Cioè la Lazio, la bestia nera: quest’anno, la Juve non aveva mai battuto i biancocelesti e il doppio confronto in Coppa Italia le è costata l’eliminazione. Ma a un metro dai festeggiamenti per lo scudetto, la vendetta è servita: il cileno firma all’Olimpico la doppietta decisiva. Come decisivo è lui nella Juve.

MURIEL: Lo chiamano il Ronaldo di Colombia, un motivo ci sarà. Non per la pancetta come insinua qualche maligno: i colpi del campione Muriel ce li ha davvero. E decide di palesarli in un afoso pomeriggio d’aprile: divora il Parma con tre giocate da urlo, tra cui due gol e una galoppata fulminante a ispirare il 3-0 dell’Udinese. Hai capito il Gordito?

PINILLA: La doppietta rifilata all’Inter consegna la matematica salvezza al suo Cagliari. Poi, dopo i gol, non ha molta voglia di festeggiare, forse per rispetto della sua ex squadra, nella quale ha mosso i primi passi calcistici in Italia (pur senza mai debuttare). O forse per senso di colpa, perché a fine gara confessa: “Mi sono tuffato nell’occasione del rigore”. Di questi tempi, meglio non solleticare i nervi scoperti dei nerazzurri.

IL PEGGIO

INTER: Al peggio non c’è mai fine. Già, ma qual è il peggio? Perdere in casa il derby d’Italia? Naaa. Suicidarsi contro l’Atalanta? Nemmeno. Farsi impallinare da un Cagliari già in costume da bagno? Forse tutto questo. I nerazzurri sono colti dal terrore di scendere in campo, come se fossero vittime sacrificali. Tra sviste arbitrali, assenze, strategie sconclusionate (i difensori ormai fanno gli attaccanti), l’Inter è un trattore nel bel mezzo di un Gran Premio di Formula Uno.

SORRENTINO: Se il Palermo ha una certezza, questa si chiama Sorrentino. Anzi, si chiamava. Perché al minuto 17 di un Palermo-Bologna vitale per i rosanero commette uno scivolone da Paperissima, come un pattinatore goffo sul ghiaccio. Solo che, nel caldo siciliano, a restare di ghiaccio sono solo i tifosi di casa: il cammino della salvezza è sempre più in salita.

GENOA: D’accordo, l’orgoglio è salvo, il derby è finito in parità: ma la settima partita di fila senza vittorie, quando il vicolo della salvezza si fa sempre più stretto, non può essere salutato come un successo in casa rossoblù. Contro la Samp, occorreva un Genoa vibrante, palpitante, assatanato, non nervoso e in preda al disordine tattico com’è stato. Alla fine, un cross sballato ha salvato la faccia: ma basterà?

 


Il meglio e il peggio: ventottesima giornata di serie A

11 marzo 2013

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IL MEGLIO

JUVENTUS: Eddy Merckx, uno dei ciclisti più forti di sempre, aveva una particolarità: voleva vincere sempre e comunque, anche una semplice tappa, quando ormai il Giro o il Tour erano già suoi. Per questo si era meritato il soprannome di “cannibale”: ecco, la Juve è un po’ come Eddy Merckx. Con un Napoli derelitto e un vantaggio in classifica tutto sommato rassicurante, i bianconeri non ci stanno a perdere due punti contro un ottimo Catania e, cannibalescamente, nel finale si prendono la posta piena. Ma parlare di vittoria decisiva per il campionato è riduttivo: da inizio stagione, questo campionato ha sempre avuto un solo padrone.

AMAURI: “Sono appena tornato”, recitava tempo fa in uno spot. Eh, ce ne siamo accorti. Sennò non si spiegherebbe come diavolo abbia fatto il Parma a segnare così tanto nell’arco di quindici minuti, lasciandosi dietro i resti di un attonito Torino. Dei quattro gol dei ducali, tre sono suoi: il primo con una bella girata volante, il secondo con un coast to coast con annessa compagnia torinista (inefficace) nello stesso scompartimento, il terzo a rievocare il gol del 4-3 di Rivera nell’epica Italia-Germania Ovest del 1970. Senza dimenticare che nel primo tempo si era già esibito in una spettacolare rovesciata che aveva richiesto il miglior Gillet. Come dire: se torno, vi avviso.

FIORENTINA: La squadra meno italiana d’Italia si regala una serata mica male: battuta la Lazio 2-0 all’Olimpico e sorpassate, in un sol boccone, Inter e proprio Lazio in classifica. Il collettivo di Montella stavolta non si lascia ingannare dall’effetto Narciso e piazza due colpi micidiali con i due finti “nueve” Jovetic e Ljajic. Senza però rinunciare alle geometrie e alle triangolazioni da Playstation: c’è chi si perde dietro ad un L1 + X, a loro viene naturale farlo in campo.

IL PEGGIO

NAPOLI: Cinque partite di fila senza vittoria (con sole due reti segnate), Cavani a secco da sei gare, Chievo che si conferma ancora bestia nera dei partenopei. Basterebbe questo e invece ci aggiungiamo il carico da undici: il Napoli, ahilui, non può competere ad armi pari con la Juve. Ha fatto bene a provarci e anche a sperarci, ma il brusco risveglio di Verona, in fondo, era già scritto da qualche parte. Adesso, la missione è chiudere nel migliore dei modi la stagione e difendere un prestigiosissimo secondo posto: per i miracoli, questo Napoli non è ancora attrezzato.

PALERMO: Adesso che è stata firmata la propria condanna a morte, un momento di riflessione non guasterebbe. Cui prodest rivoluzionare squadra e staff ad ogni sbalzo d’umore? A settembre l’asse Sannino-Perinetti era stato allontanato in fretta e furia, senza aver avuto il tempo di replicare quanto di buono fatto in quel di Siena. Appunto, Siena: i toscani razziano Palermo, si prendono vittoria, autostima e concrete speranze di salvezza. Quello che ormai non resta più ai rosanero, mestamente ultimi in compagnia del Pescara. Una camera con vista retrocessione.

INTER: Altro che pazza Inter, questa è follia suicida. L’estemporanea reazione d’orgoglio di Catania è un’isola felice in una landa desolata: esattamente come dev’essersi sentita l’Inter al fischio finale della gara contro il Bologna. Una squadra rattrappita, affondata dal senso di impotenza da zattera perennemente in ambasce. È come se i nerazzurri dovessero percorrere una strettoia: ma, anziché procedere in fila indiana, vi si avventurano tutti insieme, disordinatamente, senza criterio. E scriteriato è il ko interno contro i felsinei: alla pazzia non c’è mai limite.


Il meglio e il peggio: Inter-Milan

25 febbraio 2013

Inter-Milan

IL MEGLIO

EL SHAARAWY: Se, dopo un periodo di appannamento, il Faraone torna a dettar legge in una partita da cuori forti come la stracittadina, qualcosa vorrà dire. Perché la differenza tra un bravo giocatore e un campione è questa: il campione risalta nei big match. E lui non perde tempo a mettersi in mostra: giocate eleganti, tagli claustrofobici per gli avversari, un gol che è pura poesia.

HANDANOVIC: Le braccia gli spuntano fuori come tentacoli. La parata sul colpo di testa di Balotelli nel primo tempo ha l’aura del miracolo: Sant’Handanovic stoppa la palla quando ormai nulla poteva fermarla. Si ripete sullo stesso Balotelli qualche minuto più tardi, ipnotizzandolo a pochi passi dalla porta. Sempre attento: se l’Inter porta a casa un punto deve molto al suo portiere.

SCHELOTTO: Diciamoci la verità: quando Stramaccioni ha buttato nella mischia Schelotto, sembrava il classico cambio della disperazione. Forse lo sarà anche stato, eppure è proprio l’italo-argentino, il meno atteso, a impattare la sfida: un colpo di testa che restituisce pieno orgoglio ai nerazzurri. Gli manca qualcosa in condizione atletica, ma un gol così può cambiargli la stagione.

IL PEGGIO

BALOTELLI: Sull’1-0 ha due grandissime occasioni per mettere a tacere i suoi ex tifosi e, probabilmente, chiudere la sfida. Sulla prima Handanovic è superlativo, sulla seconda appoggia la sfera sul portiere avversario: poteva far meglio, il gesto di stizza lo sta a dimostrare. Innervosito dalle occasioni fallite e annebbiato dalla voglia di strafare, nella ripresa scompare dal campo.

MEXES: La solita amnesia difensiva costa al Milan il gol del pareggio subito. Si ritrova nella terra di nessuno quando Nagatomo fa partire un cross che Schelotto, indisturbato, capitalizza al meglio. Una distrazione – l’unica, in fin dei conti – che pesa terribilmente.

GARGANO: Gioca in apnea tutta la partita e finisce senza risorse di ossigeno. Per la voglia di essere onnipresente, risulta pasticcione e frettoloso. Tanti errori in impostazione, tanti palloni persi, giocate sbilenche che mandano in confusione il centrocampo nerazzurro.


Il meglio e il peggio: venticinquesima giornata di serie A

18 febbraio 2013

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IL MEGLIO

TOTTI: Ci sono cose che in Italia non passano mai di moda. Il festival di Sanremo, ad esempio. O, se preferite, il festival di Totti. A 36 anni, è sempre lui lo Scipione che guida la riscossa contro l’odiata Juve, i Cartaginesi dei tempi moderni. Il suo siluro è la sintesi de “Juve delenda est”.

FIORENTINA: Si vince, anzi si stravince, a passo di danza. Quando la Fiorentina occupa la pista da ballo c’è poco da fare per gli avversari. Dialoghi, triangolazioni, sovrapposizioni e l’Inter non ci capisce più niente. E se ritrovi il miglior Jovetic, la Viola diventa una macchina perfetta.

EMEGHARA: Alzi la mano chi lo conosceva fino a un mese fa. Poi, d’un tratto, si è materializzato contro l’Inter, si è ripetuto a Bologna e ha sfornato una doppietta contro la Lazio. Tre partite da titolare, quattro gol: come un certo Balotelli. E Siena adesso comincia a credere nella rimonta.

IL PEGGIO

INTER: Ce ne vuole di impegno per fare figuracce del genere. L’Inter è sghemba, informe, clamorosamente sbagliata. Ad un disastro sportivo del genere sono tanti gli elementi a concorrere: la confusione di Stramaccioni, l’inadeguatezza di troppi elementi, l’apatia della società.

LAZIO: Incredibile come la truppa di Petkovic abbia mollato la presa in campionato. Con la disfatta di Siena, sono cinque le giornate consecutive senza che i biancocelesti abbiano incamerato lo straccio di una vittoria. La Lazio è tornata sulla terra e con il Milan appaiato i giochi si complicano.

NAPOLI: Nel parterre di lusso de “il peggio” di questa settimana, non può mancare il Napoli. Troppo stonato il risultato contro la Samp: non si può rallentare proprio quando la Juve si è fermata nell’area di servizio. Troppa pressione addosso? La sindrome da braccino del tennista non perdona.


Il meglio e il peggio: ventitreesima giornata di serie A

4 febbraio 2013

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IL MEGLIO

BALOTELLI: Veni, vidi, vici. E nel frattempo segnai pure una doppietta. Il blitz di Supermario al suo ritorno in Italia assume contorni holliwoodiani, da superstar del rettangolo di gioco. È la sintesi pallonara del “ghe pensi mi”, in omaggio al presidente che lo ha voluto – mele marce e marce indietro a parte – e che ora se lo coccola. Contro l’Udinese è un festival di creste, ma quella che spicca più in alto è la sua.

BALLARDINI: Sembra passata un’eternità dal Genoa molliccio e sgangherato della gestione Delneri, che in 13 gare aveva totalizzato 8 punti. Ballardini, dopo solo due panchine, ne ha già raccolti la metà. Quattro punti non contro avversari qualunque, ma addirittura contro Juve e Lazio. Da sergente di ferro col piglio fiero, è riuscito a ridare potenza di fuoco a un Grifone da troppo tempo in letargo.

SAU: Piccoli Zola crescono. Non di statura fisica (sennò che Zola sarebbe), ma di statura calcistica. L’ex attaccante della Juve Stabia, alla prima stagione nella massima serie, è già una delizia per gli occhi cagliaritani. A Roma va in scena il suo show personale: assist sul gol dell’1-0, marcatura personale per il 3-1 e traversa colpita con un tiro sapientemente cesellato che propizia il 4-1. Più Zola di così.

IL PEGGIO

ZEMAN: Finisce come peggio poteva finire. Con la tua squadra che ne prende quattro in casa, il tuo portiere che ne combina una da torneo parrocchiale, lo sguardo vitreo dei piani alti che dicono basta. Per Zeman la seconda giovinezza in giallorosso termina qui, fra troppi ottovolanti e tanti rimpianti. Il 4-3-3 alla boema, ormai, è roba da esteti, da cultori delle forme, da terra esotica dove i risultati contano a metà.

INTER: Sembra proprio che a metà novembre qualcuno si sia divertito a shakerare la Milano calcistica, con il risultato di invertire le fortune di Milan e Inter. Due mesi fa erano distanziati di 13 punti, oggi sono appaiati al quarto posto. I demeriti dei nerazzurri c’entrano molto e si mettono in bella mostra pure a Siena: difesa svagata, centrocampo in pantofole, attacco balbettante. Come il Milan autunnale.

PALERMO: Ahi serva Palermo, di dolore ostello. La sconfitta interna contro l’Atalanta fa precipitare i siciliani nel gelido sottoscala dell’ultimo posto: il tonfo è fragoroso, almeno quanto le endemiche difficoltà della squadra di Gasperini nell’imporre il proprio gioco. Una situazione disperata, figlia di una rivoluzione in corsa, a inizio stagione, che ha sottratto certezze e autostima al gruppo.


Il meglio e il peggio: ventunesima giornata di serie A

21 gennaio 2013

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IL MEGLIO

POGBA: In campo, questo lungagnone dall’aria spaccona e dalla cadenza dinoccolata, lo noti appena prendi posto allo stadio. A prima vista sembra un soldatino, uno di quelli che si mettono al servizio dei pluridecorati e lì zitti, a eseguire i loro ordini. Poi lo studi e scopri quella sua capacità innata di fare da magnete, di attirare palloni, a mo’ di creatura tentacolare. Polpo-gba, lo si potrebbe chiamare. Il pallone lo accarezza, lo tratta con cura, quasi fosse un oggetto di porcellana. E poi, quando meno te lo aspetti, lo scaglia a una potenza che farebbe andare in tilt un autovelox. In rete ci finisce tutto, pallone e autovelox. E visto che è giocatore per palati fini, non ha timore di abbondare: stoccata energica per il 2-0, Udinese al tappeto.

PAZZINI: Non vogliamo indagare, ma tra Pazzini e il Bologna deve esserci qualche conto in sospeso. Dei dieci gol messi a segno in campionato dall’attaccante rossonero, cinque sono finiti nella rete degli emiliani. La gara di San Siro, per niente effervescente, la poteva sbloccare solo lui: prima è fortunato nel trovare la deviazione più beffarda che ci sia, poi sembra un giocoliere in area di rigore che si diverte nel confondere le idee ai propri avversari. Se incontrasse sempre il Bologna, nemmeno Messi riuscirebbe a tenere il suo passo!

GUARIN: È, nel senso buono, il Cerbero del centrocampo. Ha le chiavi della zona nevralgica del rettangolo di gioco, ma la sua caratteristica è quella di squassare il fronte avversario tra le linee. È una scheggia impazzita che la cerniera difensiva romanista non sa come fermare. Stupisce per forza e aggressività: memorabile l’azione del pareggio dell’Inter, quando il colombiano raccoglie il rimpallo di un suo stesso tiro, si fa spazio con ferocia in area di rigore e serve a Palacio la palla per il più facile dei gol.

IL PEGGIO

DE SANCTIS: Ci manca solo che abbia fantozzianamente urlato: “Miaaa!!”. Perché il pallone che lo scavalca, in maniera desolatamente tragicomica, è da tutt’altra parte. La topica che combina De Sanctis (secondo portiere della Nazionale italiana, non uno qualunque) è un regalo alla Fiorentina e ai suoi più accesi detrattori. A parziale discolpa, si può pensare che abbia confuso il pallone con la testa di Toni.

BORRIELLO: È proprio un periodaccio per gli ex di Belen. Corona è fuggito chissà dove, Borriello l’avrebbe fatto volentieri dopo uno degli errori più macroscopici del campionato. Il Genoa deve già rincorrere il Catania, ma lui ha la palla per rimettere a posto le cose: basterebbe appoggiarla con delicatezza, sono pochi metri è il portiere avversario è fuori causa. Invece il tocco è disgraziato, la palla si inerpica e volteggia ben oltre la traversa. I rossoblù non si rialzano più e, insieme a quel pallone, vola via pure la panchina di Delneri.

LAZIO: Non è una bocciatura, però da una squadra di rango nobiliare come la Lazio non ci si aspetta un blackout mentale come quello di Palermo. Una gara che sembra in totale controllo, contro un avversario non certo irresistibile, viene compromessa nel giro di due minuti, quando i biancocelesti riescono nell’impresa alla rovescia di subire due gol. Bene la reazione che porta al pareggio di Hernanes, ma intanto in Sicilia la Lazio ci rimette un po’ delle sue penne e concede via libera alla Juve.


Il meglio e il peggio: diciannovesima giornata di serie A

6 gennaio 2013
Cavani in formato presepe

Edinson Cavani in formato presepe

IL MEGLIO

DELIO ROSSI: Ci ricordiamo tutti del bisticcio con Ljaic, quando sedeva ancora sulla panchina della Fiorentina. La pioggia di parole e opinioni si è dimenticata del particolare più importante: Rossi è un signor allenatore. Si prende la sua rivincita dopo mesi di (ovvia) sofferenza battendo la Juve, a casa della Juve, sotto di un gol e di un uomo. Le due sberle che la Samp rifila ai campioni d’Italia, credetemi, sono molto più significative di una baruffa qualsiasi.

PESCARA: Nelle pagelle natalizie, avevo speso belle parole per questo Pescara, che, in barba ai pronostici che la vogliono sempre sfavorita, si regala grandi soddisfazioni grazie a un ammirevole carattere, che darwinianamente conta più di qualsiasi altra cosa. Impressione confermata a Firenze: nel primo tempo sembra la vittima sacrificale, tenuta lontana dal fuoco che arde solo dai miracoli di Perin. Poi, uscita indenne dalla bufera, si riscatta e azzanna gli avversari. Cave Pescaram.

CAVANI: Un radar nella testa, un cannone come prolungamento della gamba, un motore incorporato all’interno. Irresistibile: è Edinson Cavani, l’attaccante moderno per eccellenza. Basta lui per mandare in tilt la difesa della Roma: non uno, non due, ben tre squilli. Il Napoli è avvinghiato alle sue prodezze e lui non delude: capocannoniere del campionato con 16 sigilli. A Napoli è già un must del presepe.

IL PEGGIO

STRAMACCIONI: Quando imparerà a fare lo Stramaccioni e non il Mourinho, allora anche l’Inter ne gioverà. La vittoria contro la Juve lo ha invaso di uno spirito titanico, forse esagerato visto il suo magro curriculum. Ogni domenica è un continuo affannarsi alla ricerca dell’errore arbitrale, quando sarebbe più opportuno riflettere sui propri, di errori: cosa l’ha spinto a schierare Jonathan titolare? Non vogliamo sapere cosa ha trovato nella sua calza della Befana.

LODI: Ci si aspetta che dalle vacanze si torni più rilassati, ma evidentemente questo non vale per Lodi. Gli bastano dodici minuti per farsi cacciare per una fesseria e lasciare in ambasce il suo Catania (che, tra parentesi, se la cava benissimo pure in dieci). Apprezziamo il fatto che a fine gara si scusi del gesto, ma ne combina un’altra: “Chiedo scusa hai tifosi”, scrive su Twitter. Cartellino rosso in arrivo pure dal Ministero dell’Istruzione.

BUFFON: Non è facile stare lassù, sull’Olimpo del calcio. Perché quando torni sulla terra e commetti un errore da principiante, è difficile accettarlo serenamente. Un attimo e Supergigi combina la frittata, ciccando la presa sul diagonale di Icardi che apre la strada al successo blucerchiato. Più tardi, sarà ancora una volta uccellato dall’attaccante doriano. Argentino pure lui, come una delle bestie nere di Buffon: Julio Ricardo Cruz.


Il meglio e il peggio: diciottesima giornata di serie A

23 dicembre 2012
Burdisso sovrasta Yepes per il momentaneo 1-0 della Roma sul Milan

Burdisso sovrasta Yepes per il momentaneo 1-0 della Roma sul Milan

IL MEGLIO

JUVENTUS: La fine del mondo non è arrivata, la fine del campionato sì. Sembrerebbe prematuro dirlo a dicembre, se non ci fosse di mezzo una truppa di marziani di bianconero vestiti. Contro il Cagliari, per un’ora la Juve non c’è, poi si scrolla dal torpore e furoreggia a piacimento. Quante squadre in Europa possono concedersi il lusso di giocare un terzo di partita?

LAZIO: La vittoria di Genova è un tassello importante nel processo di crescita della formazione di Petkovic: se c’è un limite che la Lazio deve risolvere, è il mal di trasferta. La rete di Hernanes a Marassi interrompe un digiuno di gol che lontano dall’Olimpico perdurava da quattro partite. E consegna ai biancocelesti un secondo posto da appuntare al bavero della giacca.

ROMA: Più che il risultato roboante con cui i giallorossi hanno appallottolato il Milan, colpisce la padronanza degli Zeman boys nel governare la gara. Il Diavolo è furente, ma la Lupa lo doma: uno, due, tre squilli nel giro di mezzora. E non ci si ferma nemmeno sul 3-0, no, sennò che Zemanlandia sarebbe? Quando il Milan rialza la testa, nel finale, la Roma ha già calato il sipario sul match.

IL PEGGIO

INTER: Qualcuno, all’Inter, deve aver fatto confusione con il periodo di vacanze. Non era programmato che iniziassero a San Siro contro il Genoa, invece così è stato: squadra statica, molle, senza acuti. Ne è uscito fuori un mezzo disastro sportivo, reso meno inquietante dalla rete di Cambiasso: ma ‘ndo vai se il carattere da anti-Juve non ce l’hai?

LIVAJA: Non è italiano, ma ha imparato in fretta: è tempo di cinepanettoni, perché non inventarsi una gag in stile Massimo Boldi? L’errore clamoroso (palla sul palo a un metro dalla porta) contro il Genoa entra di diritto nel guinness dei primati: tutti da ridere, si intende.

YEPES: Solitamente è un gigante dalle alte quote, contro la Roma diventa un nanetto da giardino. Le palle alte sono un rebus che Yepes non riesce a risolvere: ogni cross che la Roma recapita in area rossonera è un dramma. E se a fine partita Amelia esce con quattro reti sul groppone, sa già a chi inviare la richiesta di risarcimento danni.


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