Quando il calcio italiano non crede ai propri giovani

6 giugno 2013

under21

 

Chissà se qualcuno, ai piani alti dell’Inter, si sia preso la briga di accendere la televisione e guardarsi la partita dell’Under 21 ai campionati europei di categoria, in corso in Israele. Il pacchetto difensivo della Nazionale di Mangia è il seguente: Bardi, Donati, Bianchetti, Caldirola, Biraghi. Tradotto nelle squadre dove hanno militato nell’ultima stagione: Novara, Grosseto, Verona, Brescia, Cittadella. Tradotto nelle squadre di appartenenza: Inter, Inter, Inter, Inter, Inter.

Chissà se qualcuno in casa nerazzurra ci ha fatto un pensierino a riportare questi giovani alla casa madre. Chissà se quel qualcuno nel frattempo si è ricordato che l’Inter ha appena concluso la stagione come seconda peggior difesa del campionato, con un totale di 57 reti subite. Quante il Siena retrocesso. Solo il Pescara ha fatto peggio.

I Caldirola, i Bianchetti, i Biraghi, sono giocatori giovani, che hanno bisogno di tempo e pazienza per crescere. D’accordo. Però devono avere la possibilità di farlo. Parcheggiarli all’infinito in squadre di B non li aiuterà di certo. Pensate a Caldirola, il capitano dell’Under. Dopo una stagione di altissimo livello a Brescia, dove da solo ha sistemato la solidità difensiva delle rondinelle, cosa ha fatto l’Inter? Ha pensato bene di lasciarlo ancora in serie B, prima a Cesena e poi ancora a Brescia. Dove ha continuato a fare benissimo, mentre i nerazzurri si disperavano per le deludenti prestazioni dei vari Silvestre e Juan Jesus.

Il salto di livello è sempre rischioso, ma è la strettoia necessaria che porta alla consacrazione di un calciatore. E non credete che i calciatori di cui sopra non siano pronti. Pensate a Verratti, passato in un anno dalla B alla Champions senza avvertire la differenza di vertigini, Florenzi che è stato un perno della Roma, Marrone e Insigne che sono già a loro agio con le maglie di Juve e Napoli.

In definitiva, quello che serve a questi ragazzi è qualcuno che creda in loro. Si parla spesso di giovani, ma sembra che valgano davvero solo quelli pagati a suon di milioni, presi magari dall’estero. E invece ce li abbiamo in casa. Non sempre l’erba del vicino è più verde.


Italia – Brasile, la guerra dei mondi

21 marzo 2013

 

1982_italia_brasile

Italia-Brasile non può essere un’amichevole. Non se si affrontano le superpotenze del calcio planetario, non se si affrontano due nazionali che hanno fatto la storia dei mondiali, non se si affrontano due modi opposti di intendere il calcio. State a sentire Zico, che visse una delle giornate più entusiasmanti per il calcio azzurro: quell’Italia-Brasile ai mondiali spagnoli del 1982, quando Paolo Rossi rifilò tre reti al portiere della Seleçao Valdir Peres: “Il Brasile aveva una squadra fantastica, riconosciuta in tutto il mondo. Se avessimo vinto quella partita, il calcio probabilmente sarebbe stato differente. Invece, dopo di allora cominciammo a mettere le basi per un calcio nel quale bisogna conseguire il risultato a qualsiasi costo, un calcio fondato sulla distruzione del gioco avversario e sul fallo sistematico. Quella sconfitta non fu positiva per il mondo del calcio”.
Punti di vista. Se quel pomeriggio al Sarrià si colorò di azzurro, anziché di verdeoro, ci sarà pure stato un motivo. E ci sarà stato un motivo se Zico ha scritto pagine leggendarie di calcio proprio nel campionato italiano, con la casacca dell’Udinese. Oggi, scorrendo la formazione della Seleçao impegnata nella sfida di Ginevra di stasera, c’è solo un giocatore che milita in serie A: il laziale Hernanes. Che malinconia, anzi, che saudade: anche questo è un indice dello stato di crisi del nostro campionato, sempre meno attrattivo.

 

Tornando alla nostra sfida tra titani, gli azzurri non battono i brasiliani proprio da quell’epico pomeriggio spagnolo. Poi, solo dolori: su tutti, la finale di Pasadena ai mondiali statunitensi, dove gli errori dal dischetto di Baresi, Massaro e Baggio privarono la Nazionale di Sacchi del quarto sigillo. Perciò, 31 anni dopo, l’Italia, anche se in amichevole, vuole togliersi la soddisfazione di battere gli eredi di Zico. Anche per dimostrare che gli eredi di Rossi non sanno vincere solo di catenaccio. E i giocatori di fantasia ce li abbiamo anche noi, eccome se ce li abbiamo. Loro schierano Neymar? Noi rispondiamo con El Shaarawy e Balotelli. In mezzo al campo fanno la voce grossa con le magie di Oscar? Noi abbiamo un certo Andrea Pirlo e, se non bastasse, c’è un Verratti che viene su che è una meraviglia.

 

Perciò non parliamo di amichevole. C’è una grossa fetta di prestigio in gioco laddove Italia e Brasile dettano legge: qualcosa che ci accomuna, in fondo, c’è.

 


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