Un uomo solo al comando. Un appassionato di ciclismo come lui gradirebbe quest’espressione: stiamo parlando di Giorgio Squinzi, presidente di Confindustria e noto ai calciofili per essere il patron del Sassuolo. Che in questo momento è una squadra sola al comando, in Serie B, e nel weekend potrebbe festeggiare la storica promozione in serie A.
Un uomo solo al comando, dicevamo, perché il Sassuolo è una sua creatura, plasmata con la filosofia dell’azienda di famiglia, quella Mapei che per anni è stata sinonimo di ciclismo e che oggi compare come sponsor sulle casacche della formazione emiliana. L’ascesa dei neroverdi è stata vertiginosa: Squinzi ha rilevato il club quando era in C2, nel 2004, e nel giro di pochi anni l’ha portata tra i cadetti. E ad un passo dalla serie A. Già lo scorso anno l’impresa poteva concretizzarsi: la formazione emiliana, guidata da Pea, era riuscita a mettere da parte la bellezza di 80 punti. Non sufficienti per la promozione diretta, guadagnata da Torino e Pescara. Ma i play off hanno avuto una coda amara: Sassuolo sconfitto dalla Sampdoria, in un duplice confronto venato da dure contestazioni da parte degli emiliani per l’arbitraggio sfavorevole. “Ci hanno sottratto la promozione”, lo sfogo di Squinzi, che quasi meditava di lasciare.
Non le manda a dire, Squinzi, e nell’incontro organizzato con la Scuola di giornalismo “Walter Tobagi” di Milano ha palesato tutta la propria franchezza, da uomo schietto e leale. Un uomo di sport che crede fortemente nell’etica sportiva, tanto da accettare di separarsi dal suo sport prediletto, il ciclismo, quando il proprio corridore Stefano Garzelli fu trovato positivo ad un controllo antidoping, nel 2002. E così si chiuse la parentesi delle due ruote e si aprì quella del pallone. Nel 2004 il Sassuolo era in vendita: la società era fallita e il costo era irrisorio, appena 35.000 euro. Squinzi ricorda: “Da Sassuolo mi chiamarono per sapere se fossi interessato alla società. Io non avevo intenzione di rilevarla, ma poi seppi che la Kerakoll (azienda concorrente, ndr) aveva fatto un’offerta. Allora, per dispetto, comprai io il club”. Un Sassuolo che aveva persino una sponda in Vaticano: “Abete mi disse che il cardinal Ruini aveva a cuore la squadra”.
La prima grande soddisfazione nel 2008, quando il Sassuolo, con Massimiliano Allegri in panchina, centrò la promozione in serie B. “Allegri è un grandissimo allenatore – afferma Squinzi -. Se fosse rimasto con noi, a quest’ora saremmo già in serie A. A volte mi capita di parlare con Berlusconi e lui mi dice che Allegri non capisce granché di calcio. Io non sono d’accordo, sono milanista anch’io e credo che con quello che aveva a disposizione quest’anno non poteva fare di più”.
Ma il salto in A sarebbe qualcosa di fenomenale per una cittadina di poco più di 40.000 abitanti. “Dal dopoguerra, saremmo la squadra con la città più piccola rappresentata nella massima serie”, ricorda Squinzi. Con quali programmi? “Non faremo follie. Cercheremo di conquistare la salvezza puntando sui giovani. È questa la nostra filosofia, puntiamo sulle promesse e gestiamo la squadra in prima persona, senza procuratori o maneggioni. Una filosofia che ci ha portato lontano: siamo primi in classifica senza avere un budget di oltre 20 milioni di euro, come nel caso del Padova”. A proposito di giovani, tra i tanti messisi in evidenza quest’anno c’è Domenico Berardi, giocatore offensivo classe ’94 e già nel mirino dei principali club europei. Squinzi non nasconde che gli sono arrivate offerte al riguardo: “Il Manchester City ha offerto 7 milioni di euro per la metà, ma noi abbiamo rifiutato. Berardi lo abbiamo pescato mentre giocava su un campetto di calcio, non aveva neanche una squadra. Era un fenomeno e lo abbiamo messo sotto contratto”.
Infine, Squinzi chiude con una battuta: “Cosa chiedo al Sassuolo in serie A? Di battere l’Inter a San Siro”.